La testimonianza di Ismael al Convegno Vises alla LUISS

Il 15 Marzo 2016 si è tenuto il convegno “Flussi migratori globali e politiche di accoglienza. Coesione sociale ed integrazione nel mondo che verrà” presso l’Università LUISS. (programma Convegno Vises 15 Marzo)

Qui di seguito riportiamo la testimonianza del nostro relatore Ismael di Barikamà:

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ISMAEL, della Cooperativa Sociale Barikamà per un progetto di micro-reddito.

Sono qui per dare la testimonianza di ciò che ho vissuto e su quello che sto facendo ora.

L’immigrazione è un tema grande. Non possiamo dire quando è iniziata, e non possiamo dire quando finirà. Non possiamo smettere di migrare. La persona che emigra non lo fa a caso, ma perché ha un problema preciso che lo spinge ad emigrare in un altro paese, sia la guerra, o la ricerca di un lavoro, o altro. Non posso perciò accettare le parole di Sarkozy che diceva che nell’immigrazione bisogna scegliere di ammettere le persone più intelligenti, a scapito di quelle che lo sono meno.

Non è giusto. Dobbiamo soprattutto ascoltare la gente, non solo  accogliere. Per me è molto importante, perché se non ascolti le persone, non puoi sapere cosa hanno nella testa. Ad esempio, io ho studiato per due anni Scienze economiche all’università, ma non ho potuto completare gli studi a causa di un mancato sostegno familiare. Ho fatto la formazione sull’insegnamento del Braille e quindi, una volta in Italia, ho cercato lavoro in centri per ciechi a Milano, ma non mi hanno accettato. Ero molto disperato. E quindi come fare ad integrarmi nella società italiana? E’ stato molto difficile. Sono dovuto andare nelle campagne. Nel 2010 ho lavorato a Rosarno, dove ci fu la rivolta. Dopo questo, arrivammo a Roma, senza un posto per dormire. Grazie ai ragazzi che gestiscono il Centro Sociale sulla Via Prenestina, nell’ex Snia, abbiamo avuto un posto dove dormire. Dopo un anno alcuni di noi hanno ottenuto i documenti. Dopo i documenti, cosa puoi fare senza lavoro?

Per me ascoltare un immigrato non è solo venire in assistenza ad una persona, ma a tutta una famiglia, perché quella persona che emigra ha tanti problemi. Ad esempio, nella mia famiglia siamo dieci e io sono il più grande,  quindi la persona che può aiutare gli altri sono io. Perciò chi mi aiuta, chi mi ascolta, sta aiutando tutta una famiglia. Noi oggi produciamo lo yogurt, a base di latte bio. Compriamo il latte ad Amatrice. Questo lavoro è iniziato nel 2011, nel Centro Sociale alla Snia. Ma come è nato? Perché c’è stata una persona che ci ha ascoltato. Una ragazza italiana che ci ha detto che non potevamo vivere in quel modo, senza niente. Ci ha chiesto cosa sapevamo fare. E noi abbiamo detto che da noi facevamo lo yogurt, che poi si mescola con una bevanda a base di miglio e di mais. Abbiamo pensato che qui in Italia potevamo fare lo yogurt. Abbiamo provato con quindici litri di latte, ma non è andata bene perché non abbiamo la stessa temperatura in Italia e in Africa; qui fa freddo e in Africa fa caldo. Questa ragazza ci ha consigliato di aggiungere un po’ di fermenti lattici. Abbiamo provato, ma non era facile. Dopo dodici, quindici ore abbiamo ottenuto il risultato. Prove, su prove, abbiamo iniziato a fare lo yogurt, con dieci litri di latte a settimana. Ma dopo la produzione, come fare a venderlo? Abbiamo iniziato a partecipare ai mercati “terraTERRA”, il sabato e la domenica. In questo momento siamo in sei, africani, e viviamo di questa attività, più due italiani, anche loro persone in difficoltà con la sindrome di Asperger  che ci aiutano, perché abbiamo difficoltà con la lingua italiana. Grazie a questa attività abbiamo risposto ad un bando della Regione, nel 2012, e abbiamo vinto. Ci hanno perciò chiesto di costituirci in cooperativa e l’abbiamo fatto, aprendo una partita IVA e  creando un conto con la Banca Etica. Abbiamo iniziato l’attività. Dovevamo investire 21 mila euro prima di entrare in possesso dei soldi del bando. Dove trovare questi soldi? Abbiamo iniziato a parlare con i Gruppi di Acquisto Solidale che comprano questo yogurt e ci hanno fatto un prestito, che stiamo scalando man mano che vendiamo, fino a che lo azzereremo. In questo modo abbiamo potuto comprare quattro biciclette, una moto elettrica e tre frigoriferi. Da qui abbiamo iniziato a produrre di più: da quindici litri siamo arrivati a cento. All’inizio non è stato facile. Le pentole artigianali che usavamo all’inizio e lo spazio, non erano più sufficienti. Allora abbiamo pensato di ingrandire gli spazi e abbiamo trovato un agriturismo a Roma Nord, a Casale di Martignano. Ci hanno ascoltato e ci hanno permesso di fare il nostro yogurt con i macchinari che loro usano per fare ricotta e formaggi. Abbiamo provato due volte ed è andata bene. Da allora facciamo la produzione con questo agriturismo e trasportiamo tutto al Pigneto, facendo le consegne in bicicletta per non inquinare. Abbiamo scelto di fare tutto nel rispetto della natura. Abbiamo detto a tutti i nostri clienti di non gettare i barattoli di vetro. Alla successiva consegna li ritiriamo, li sterilizziamo e li riusiamo. Non compriamo nuovi barattoli, ma solo i tappi che vanno cambiati. Rispettiamo le normali norme igieniche.  All’inizio le persone non si fidavano del nostro marchio, ma dopo assaggiato il nostro yogurt dicevano che era più buono di quello che facevano in casa. Forse molti, anche tra quelli che sono qui, lo consumano già e non lo sanno. Lo vendiamo a tanti ristoranti e tante gelaterie. Ci siamo detti che non dovevamo limitarci a Roma e abbiamo cominciato ad uscire da Roma. L’anno scorso eravamo a Milano, nella manifestazione “fa’ la cosa giusta”; poi siamo andati a Città di Castello, e poi a Treviso, alla Fiera “quattro passi”.