Radio Radicale: Barikamà, da Rosarno allo yogurt biologico

Barikamà, da Rosarno allo yogurt biologico

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Cheikh è arrivato in Europa in aereo. Giocava a calcio, in Senegal: un allenatore lo ha notato e gli ha proposto di fare un provino per il Benfica, in Portogallo. Erano in cinque quel giorno: ne hanno presi due, ma a lui non è andata bene. Così se ne è andato: ha deciso di raggiungere un amico in Italia. Ha fatto qualche altro provino, ma il suo visto ormai era scaduto: “E se sei irregolare – racconta – nessuno ti fa giocare”. Cheikh ha iniziato a lavorare nei campi, in Puglia e a Rosarno. È riuscito a ottenere il permesso di soggiorno dopo due anni che era in Italia, con la sanatoria del 2009. Cheickh è figlio di agricoltori e quando era in Senegal studiava biologia: oggi è uno dei soci della cooperativa Barikamà, che in lingua bamabara significa resistenza, resilienza.

Barikamà nasce idealmente a Rosarno, una cittadina della Calabria: “Lavoravamo 12 ore nei campi, per 20 euro – racconta Suleman Diara, fondatore della cooperativa –, vivevamo dentro le fabbriche abbandonate, o dentro baracche di plastica e di cartone”. Nella notte tra il 6 e il 7 gennaio del 2010 due uomini sparano con un fucile ad aria compressa a tre migranti, ferendone uno in modo grave: “C’è stata una manifestazione, per dire no allo sfruttamento – continua Suleman –, ma il giorno dopo è arrivata la polizia e ci ha detto che dovevamo andarcene da Rosarno, altrimenti ci avrebbero ammazzato”.

A Roma, senza permesso di soggiorno, Suleman, con centinaia di altre persone ha dormito per settimane alla stazione Termini. Poi ha conosciuto gli attivisti della Snia, una ex-fabbrica occupata sulla via Prenestina. Ha iniziato ha studiare italiano e finalmente ha ottenuto un permesso di soggiorno per protezione umanitaria.

“Quando abbiamo iniziato a fare lo yogurt facevamo 15 litri a settimana. Ora siamo su una media di 200”, ricorda Suleman. Nel 2011 è stata fondata ufficialmente la cooperativa e due anni fa la produzione dello yogurt è stata spostata dalla Snia al casale di Martignano, a circa mezz’ora da Roma.

I soci della cooperativa oggi sono sette, di cinque paesi diversi: “Con noi lavorano anche dei ragazzi italiani con la sindrome di Asperger – spiega Suleman –, noi ci occupiamo della manodopera e loro del sito e della burocrazia”.

Una volta a settimana, quattro o cinque di loro trascorrono l’intera giornata a Martignano. Il latte proviene da un’azienda agricola della zona. Per la lavorazione al caseificio pagano un affitto in base alla quantità di latte lavorato e oltre allo yogurt hanno iniziato a coltivare un orto, con prodotti di stagione. “Vendiamo attraverso i Gas, i gruppi di acquisto solidale e nei mercati del fine-settimana”, spiega Suleman. Lo yogurt si può anche ordinare: la consegna, in bici, di solito è in giornata o entro il giorno successivo all’ordine.

Quasi un anno la cooperativa si è aggiudicata il bando del Comune di Roma per la gestione del bar e la manutenzione del Parco Nemorense. Dopo una serie di ritardi il chiosco dovrebbe finalmente aprire tra fine anno e gennaio. “Capire cosa si mangia, rispettare l’ambiente e sostenere i lavoratori – conclude Suleman –, solo così si può superare lo sfruttamento”.

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